Esattamente una settimana fa, l’Italia si apprestava a vivere una giornata davvero buia e infelice. Alla Camera dei deputati tra i governanti ci si azzuffava e volavano insulti volgari che hanno trasformato Montecitorio in un’arena dove tutto poteva accadere; nel centro di Roma invece, un folto gruppo di ‘black bloc’, ma che io definisco criminali, infiltratosi nel corteo di manifestanti contro la riforma Gelmini, metteva a ferro e fuoco le vie della capitale assalendo forze dell’ordine e distruggendo blindati della polizia, auto, vetrine e qualsiasi cosa gli capitasse davanti: bollettino finale, 41 fermi e più di cento feriti. Alla Camera si votava la mozione di sfiducia al premier Silvio Berlusconi salvo per tre voti. Ogni voto dato dai deputati veniva seguito da urla e cori da stadio, da grida, da insulti, il tutto seguito dalla rissa finale dopo il voto negativo alla sfiducia dato dalla deputata dell’Fli, Catia Polidori, la quale si è vista destinare dai propri colleghi oltre al ‘vergognati’, anche epiteti molto più offensivi. Riecheggiavano nella mia mente le parole di Giorgio Gaber. “Persino in Parlamento c’è un’aria incandescente, si scannano su tutto e poi non cambia niente”.
Il giorno dopo leggere i quotidiani e navigare sul web, mi ha reso triste perché dalle foto, dai vari articoli scritti e dai video caricati, emergeva un Paese in netta difficoltà e una Nazione disastrata da problematiche serie irrisolte che stanno portando il popolo italiano ad una esasperazione e ad una stanchezza davvero intollerabili. Mai come in questo periodo noto che c’è una grande disillusione da parte di molti miei coetanei, ma anche da parte di gente più grande, nei confronti della classe politica odierna. C’è chi si è arreso e pensa che siamo arrivati al peggio e non potrà mai cambiare nulla. Quando parlo di classe politica odierna, non intendo fare un discorso di destra o di sinistra, ma parlo di un comune sentimento di sfiducia nei confronti di coloro i quali ottengono poltrone e non fanno gli interessi di chi li ha votati. Insieme al sopracitato sentimento di sfiducia, però, noto anche un grande fermento e un positivo attivismo da parte di moltissime persone che si sono stancate di questa situazione e pretendono un rinnovamento della classe politica attuale. Noto anche che molto spesso parlando di questi argomenti, persone sia di destra che di sinistra, la pensano in maniera uguale ad esempio sul tema dei rifiuti, del precariato, delle riforme, del sistema elettorale e su altri temi prettamente politici. E’ da qui che bisogna ripartire secondo me. Noi cittadini, al di là dello schieramento a cui teniamo, insieme, solidalmente, tutti uniti, abbiamo un grande potere, ovvero quello del voto.
Dobbiamo avere fiducia in questo diritto/dovere. Dobbiamo innanzitutto avere fiducia nelle nostre capacità critiche e non patteggiare asetticamente per un politico solo perché appartiene allo schieramento per il quale intendiamo votare. Dobbiamo avere fiducia nelle nostre idee, farle valere e vederle realizzate da chi ottiene il nostro voto. Dobbiamo avere fiducia in noi stessi, visti non singolarmente ma come un tutto, intendo dire fiducia in noi stessi come popolo italiano. Non possiamo mostrarci indifferenti alle questioni politiche e non possiamo arrenderci al “Tanto non cambierà mai nulla”, non possiamo, non ora. Ma dobbiamo mostrare un’unità di popolo italiano forte, coesa, con la convinzione che insieme potremo andare lontano con persone che ci rappresentano adeguatamente; dobbiamo dare un segnale preciso che noi popolo italiano abbiamo intenzione di cambiare, che una certa politica non fa più per il nostro Paese. Tutto accompagnato ovviamente dall’avversione alla violenza. Non si possono tollerare scene di guerriglia urbana come quelle viste martedì scorso a Roma; i violenti non devono trovare posto, devono rimanere fermi al palo ed infine essere emarginati.
D’ora in avanti dunque, potere alla parola, perché non si va avanti con la forza, ma con la forza degli argomenti.