Per la prima volta nella storia il premio Nobel per la Pace non potrà essere consegnato nè al vincitore nè ad un suo familiare. Il 10 dicembre prossimo infatti, alla consueta cerimonia di Oslo, nessun familiare del vincitore Liu Xiaobo potrà ritirare medaglia, diploma e assegno da 1,5 milioni di dollari.
Ma procediamo con ordine. Liu Xiaobo è uno scrittore cinese 55enne da molti anni attivo nel suo Paese per la difesa dei diritti umani. Come attivista ha sempre chiesto al governo cinese di prendersi delle responsabilità per le azioni di repressione ed ha sempre sostenuto la necessità di introdurre riforme democratiche nel sistema politico, ma nonostante le sue manifestazioni siano sempre state pacifiche, per più volte Xiaobo è stato arrestato e condannato. Proprio nel 1991 infatti, fu condannato per “propaganda ed istigazione controrivoluzionari”, senza però essere messo in carcere. Nell’ottobre 1996 invece, fu obbligato a trascorrere tre anni in un cosiddetto ‘campo di rieducazione’ per “disturbi alla quiete pubblica” a causa delle sue critiche al partito comunista cinese. Nel 2007, fu portato in un carcere dove fu interrogato su alcuni suoi articoli apparsi su siti web stranieri e dal 2003 fino alla condanna al carcere è stato presidente della sezione cinese del PEN Club Internazionale. Per tali motivi l’attività umanitaria di Liu ha ricevuto consensi e considerazione all’estero. Tant’è che nel 2004, Reporter Senza Frontiere, lo ha insignito del premio ‘Fondation de France’ per la sua opera di strenuo difensore della libertà di stampa. Xiaobo inoltre è stato promotore di Charta 08, un manifesto pubblico redatto il 10 dicembre 2008 in concomitanza col 60esimo anniversario della proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e che proprio per questo, vuole essere un grande appello alla libertà personale raccogliendo circa 10.000 adesioni da parte dei cittadini. Ed è proprio per la sua adesione a questo manifesto che l’8 dicembre 2008 Liu viene detenuto in un luogo imprecisato, per poi essere formalmente arrestato il 23 giugno 2009 a causa dell’accusa di “incitamento alla sovversione del potere dello stato”. Il 23 dicembre 2009 è stato processato e il 25 è stato condannato a 11 anni di prigione e a due anni di interdizione dagli uffici pubblici, condanna che poi è stata confermata in appello l’11 febbraio 2010.
Così arriviamo all’8 ottobre 2010, giorno in cui Liu Xiaobo viene insignito del Premio Nobel per la Pace per “il suo impegno non violento in tutela dei diritti umani in Cina”, diventando così anche il primo cinese a ricevere tale prestigioso riconoscimento. Ma questa notizia non ha smosso minimamente il governo cinese che non concederà a Liu il permesso di lasciare momentaneamente la prigione per recarsi a Oslo per la cerimonia. Ma tale permesso è stato negato anche ai familiari: Liu Xia, moglie di Xiaobo, è ai domiciliari dall’8 ottobre scorso, ed anche i fratelli sebbene liberi, si trovano sotto l’occhio vigile delle autorità. E così per la prima volta nella storia non ci sarà nessun familiare direttamente autorizzato a ritirare il premio al posto di Liu. Però sarà presente alla cerimonia una delegazione di amici dissidenti di Liu capeggiata da Yang Jianli, il quale potrà ritirare il premio al posto di Liu, ovviando così al problema della consegna. E pensare che nel 1991, quando il Nobel per la Pace fu assegnato alla dissidente birmana AungSan Suu Kiy, ai domiciliari, al marito e ai due figli fu concesso di recarsi a Oslo, e persino nel 1935 quando il premio fu vinto dal pacifista tedesco Carlo von Ossietzky, perseguitato dai nazisti, andò un suo parente a rappresentarlo. Ed ora, nel 2010, quando pensiamo di trovarci nell’era del progresso, nell’era della libertà di espressione e di pensiero, ci imbattiamo invece dinanzi ad una notizia così sconcertante, sintomo di un’arretratezza culturale spaventosa. Da sottolineare che la Cina ha anche minacciato ritorsioni commerciali contro i Paesi che avrebbero deciso di partecipare alla cerimonia del 10 dicembre. A questo ricatto hanno ceduto Marocco, Iraq, Russia, Cuba e Kazakistan, mentre altre sedici nazioni non hanno neanche risposto all’invito. Saranno invece presenti gli ambasciatori delle potenze Ue, tra cui anche l’Italia, oltre a quelli di Usa, Corea del Sud e Giappone.
Comunque, alla cerimonia, l’attrice Liv Ullman leggerà un messaggio di Liu Xiaobo al mondo e sul palco salirà anche un coro di bambini, ed è questa l’unica richiesta che Liu è riuscito a far uscire dal carcere dove egli è detenuto.